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La trappola degli ETS, il paradosso dell’Europa

News internazionali
15 settembre 2021

Il commercio dei permessi di emissioni di CO2, Emission Trading System, è al centro della politica energetica dell’UE per raggiungere il primo dei suoi obiettivi strategici, quello della de-carbonizzazione. Stando al testo del “Fit-for-55”, entro il 2030 dovremmo raggiungere una riduzione delle emissioni di CO2 del 55% rispetto al 1990. E’ il doppio di quello a cui si è arrivati nel 2021, -26%, dopo 31 anni di sforzi enormi, con una pandemia lo scorso anno e sfruttando tutti i facili spazi disponibili. L’enormità dello sforzo è evidente nei prezzi dei permessi della CO2 che continuano a macinare nuovi record, ultimamente oltre i 61 euro, contro una media di 25 euro nel 2020. I permessi sono scambiati su borse merci, aperte a tutti i tipi di investitori, anche a quelli più propensi alla speculazione che, infatti, da tempo hanno adocchiato la facile occasione degli ETS. Il problema è che gli spazi disponibili sono stati già tutti ampiamente sfruttati nell’industria europea, in particolare in quella italiana, non tanto per una superiore vocazione ambientale, quanto per il semplice fatto che i prezzi dell’energia da noi sono sempre stati molto alti. Le imprese italiane negli ultimi decenni hanno speso molto per ridurre le emissioni. Uno dei punti più qualificanti della riforma elettrica del 99 era il sistema dei certificati bianchi, che da sostegno finanziario per investimenti in efficienza. Ora la Commissione europea pretende l’abbandono dei combustibili tradizionali, una fuga dalla realtà che spingerà alla chiusura molti stabilimenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore – Davide Tabarelli (pag. 19)