Skip to main content

Sardegna, “si può chiudere il carbone senza passare per il gas”

News nazionali
21 luglio 2021

Chiudere gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a carbone entro il 2025 e decarbonizzare il sistema energetico al 2050 in Sardegna, evitando nuovi investimenti in combustibili fossili. Lo scenario, delineato nei giorni scorsi dall'a.d. di Enel Francesco Starace è “possibile e porta molti posti di lavoro”. È quanto afferma il Wwf pubblicando una bozza dello studio realizzato per conto dell'associazione ambientalista dall'Università di Padova e dal Politecnico di Milano. Lo studio (“Una valutazione socio-economica dello scenario rinnovabili per la Sardegna”) rileva anche, sottolinea la nota Wwf, che nuovi investimenti in combustibili fossili potrebbero rallentare il processo di transizione energetica dell'isola e rappresentare solo un costo per la collettività. Wwf e Politecnico di Milano avevano già sostenuto la stessa tesi in un analogo studio preliminare pubblicato a giugno 2020. Per mantenere in sicurezza il sistema elettrico sardo, lo studio - le conclusioni, si avverte nelle conclusioni devono essere sottoposte a "ulteriori approfondimenti" e vanno considerate, specialmente sull'industria, "indicative e orientative" - ipotizza due scenari di transizione al 2025-2030, senza prevedere investimenti nel metano: sviluppo di impianti di pompaggio per una capacità complessiva di 400 MW (come proposto anche da Terna), sviluppo di generazione a idrogeno verde associata a impianti di accumulo dell'idrogeno. In questo scenario di transizione l'idrogeno viene utilizzato solamente per il bilanciamento elettrico e il livello di elettrificazione è considerato a metà strada rispetto al 2050. Le simulazioni suggeriscono che la dismissione degli impianti a carbone sardi non deve essere necessariamente accompagnata dalla realizzazione di nuovi impianti termoelettrici a metano, ma può essere sostituita da nuovi impianti di pompaggio o nuovi impianti power-to-hydrogen. Più nello specifico al 2030 a fronte di una domanda elettrica di circa 13 TWh, circa 8,5 TWh verranno da eolico e solare e il resto per circa due quinti con l'import (assumendo il completamento del Tyrrhenian link a 1.000 MW), altri due quinti circa dalla prosecuzione del funzionamento della centrale a fonti fossili Sarlux e il resto da pompaggio - di cui si assume di realizzare 550 MW aggiuntivi - e, in parte minore batterie. In alternativa al pompaggio lo studio ipotizza una capacità di generazione termoelettrica a idrogeno da 550 MW. Una seconda coppia di scenari al 2030 assume invece il riavvio dell'alluminio - che però secondo gli autori andrà valutata con attenzione alla luce dell'andamento del mercato di questo metallo. In questo caso la domanda annua sale a 20 TWh di cui circa 8,6 andranno coperti con import dal continente. La maggiore quota di importazioni servirà quasi completamente (8,3 TWh) ad alimentare una centrale cogenerativa a idrogeno ad hoc. Il rapporto ipotizza anche una progressiva decarbonizzazione degli usi civili per riscaldamento, già per oltre il 60% coperti da elettrico e biomasse, con un'ulteriore estensione di queste due tecnologie anziché assumere una crescita del gas, e dei trasporti. Il lavoro fornisce un'analisi dei costi e benefici legati allo sviluppo degli scenari green proposti. La velocità con cui la transizione verso fonti energetiche rinnovabili avrà luogo dipenderà sia dai futuri costi di queste tecnologie. La realizzazione degli scenari al 2030 necessita di circa 3-4 miliardi di euro di investimenti nel periodo 2021-2030, a cui ne vanno aggiunti però altri 4-5 se si assume un riavvio dell'alluminio, mentre per lo scenario di neutralità climatica al 2050, gli investimenti addizionali richiesti sono stati valutati in circa 18-20 miliardi di euro.

Fonte: Staffetta Quotidiana