Gli Stati Uniti dello shale oil stanno ritornando in forze. Incoraggiate dalla ripresa delle quotazioni del barile, le compagnie americane hanno rimesso in funzione altre 14 trivelle questa settimana, di cui 11 per la ricerca di greggio. Il numero degli impianti di perforazione è aumentato in 18 delle ultime 21 settimane, tornando a un totale di 553, circa il 40% in più rispetto ai minimi di maggio. Si tratta, secondo gli esperti di uno degli incrementi più grandi di sempre, per un periodo di appena 3-4 mesi. Mentre l’Opec e la Russia continuano a discutere di un possibile taglio dell’output di petrolio, i fracker americani sono passati all’azione. E se per il momento la produzione Usa continua a calare, è sempre più probabile che nei prossimi mesi riesca a risollevarsi. A maggior ragione se il petrolio continua a mantenersi sopra i 50 dollari al barile, come in effetti sta facendo: nonostante il dollaro forte ai massimi da 7 mesi sull’euro e nonostante il nuovo incremento delle trivbelle segnalato da Backer Hughes, il Wti ieri è riuscito a chiudere in rialzo a 50,85.
Fonte: Il Sole 24Ore, Finanza&mercati – Sissi Bellomo (pag. 31)
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