Per ora sappiamo solo che le riserve di greggio saudite, le più grandi del mondo, basteranno per altri settant’anni. Ma nel giro di qualche mese la loro entità precisa, fino ad oggi il segreto meglio custodito dell’industria petrolifera, sarà svelata. La promessa viene dal nuovo ministro saudita del petrolio, Khalid al-Falih, in vista della quotazione in Borsa del 5% della compagnia petrolifera Saudi Aramco, che potrebbe raggiungere un’astronomica capitalizzazione di Borsa di 2.500 miliardi di dollari, superando di gran lunga la sua omologa americana Exxon Mobil e giganti della tecnologia come Apple o Google, ora ai vertici di Wall Street. L’idea parte dal giovane principe Mohamed bin Salman, secondo in linea di successione a re Salman, che considera il business del petrolio sempre più rischioso, mano a mano che nei Paesi industrializzati crescono le tecnologie alternative per la produzione di energia e la consapevolezza dei danni che le fonti fossili causano all’ambiente. Da qui nasce il suo ambizioso piano Vision 2030, che mira a trasformare la società saudita da un regno medievale dipendente dal petrolio in un bastione delle fonti pulite, aperto all’impresa privata, con un target di 9,5 gigawatt di potenza rinnovabile, principalmente solare com’è logico data la posizione geografica.
Fonte: Corriere della Sera, Corriereconomia – Elena Comelli (pag. 42)
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