Per tutto il 2016 il petrolio sembrava aver trovato la forza per risollevare le proprie quotazioni, ponendo così fine a una crisi che dura ormai da tre anni, ma nel secondo trimestre del 2017 il rialzo si è sgonfiato. Dopo aver a lungo cercato di mantenersi sopra i 55 dollari al barile, il greggio è sceso di nuovo a quota 42 dollari dimostrando che i presupposti per una crescita stabile ancora non ci sono. Nonostante il calo, le principali borse non sembrano averne risentito. Secondo gli economisti il calo non è più un segnale di frenata della congiuntura. Questo però non significa che il ribasso non abbia mietuto vittime: la principale rimane l’Opec, che ad oggi non è in grado di gestire il prezzo del greggio, tra disaccordi interni e produttori statunitensi di shale oil che hanno mostrato grande capacità di sopravvivenza.
Fonte: La Repubblica, Affari&finanza – Marco Frojo (pag. 35)
L’Asia è senza gas l’Europa si salva l’Italia ringrazia il Tap
Non c’è mica stato solo il Covid: a luglio ondata di caldo in Asia che fa crescere la domanda di energia per il condizionamento; a settembre un uragano in Camerun, uno dei maggiori produttori di gas, rallenta la produzione di Gnl che alimentaKerry: <<Europa e Usa insieme su Green deal e lotta al virus>>
Le due grandi sfide della green economy e della pandemia richiedono una risposta congiunta di Europa e Stati Uniti. Ora, con Biden alla Casa Bianca, tutto sarà più facile ma solo se si seguirà la strada della democrazia e della difesaPetrolio, con Biden lo shale perde anche l’appoggio politico
Indifferente al cambio della guardia alla Casa Bianca, il petrolio continuala sua avanzata sui mercati finanziari, dove si mantiene ai massimi da quasi un anno, vicino a 57 dollari nel caso del Brent, e intorno a 54 nel caso del Wti.