L’Arabia Saudita ha promesso di rimpiazzare il petrolio iraniano dopo le sanzioni Usa e la Russia non vede l’ora di estrarre di più. Ma soddisfare il fabbisogno del mercato rischia di non essere facile. E non solo per l’aggravarsi della crisi in Venezuela. Nella coalizione Opec-non Opec, che tra due settimane valuterà una revisione degli accordi produttivi, ci sono altri due Paesi in grave difficoltà: l’Angola, tra i membri dell’Opec, e il Messimo, tra gli alleati esterni. Entrambi hanno ridotto l’output con tagli addirittura tripli rispetto a quelli assegnati perché non riescono a estrarre di più. Difficilmente si schiereranno quindi a favore di un aumento della produzione, andando piuttosto a ingrossare le schiere dei contrari. Per statuto l’Opec può prendere solo decisioni unanimi, ma a questo punto raggiungere il consenso per aprire ufficialmente i rubinetti sembra una sfida ai limiti dell’impossibile. Teheran e Caracas premono infatti perché l’Opec condanni gli Usa, anziché assecondarli, e avrebbe chiesto (invano secondo Reuters) di inserire in agenda a Vienna una mozione “a sostegno dei Paesi membri sotto sanzioni illegali, unilaterali e ed extraterritoriali”
Fonte: Il Sole 24 Ore, Finanza&Mercati – Sissi Bellomo (pag. 14)
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