È l’ultima mossa della “strategia mediorientale” di Eni. Dopo aver chiuso solo pochi giorni fa una lunga serie di accordi nella penisola arabica, il Cane a sei zampe non si è fermato. Alle intese con Bahrain, Oman e gli Emirati ha fatto seguito un altro passo: l’acquisto, sempre ad Abu Dhabi, del 20% del quarto più grande complesso mondiale della raffinazione con una spesa di 3,3 miliardi di dollari. Non sarà da sola. Anche l’austriaca Omv rileverà un altro 15%. Con la firma dell’accordo (presente il premier Giuseppe Conte) l’Eni incrementa di più di un terzo la capacità di raffinazione e, soprattutto, potrà resistere meglio alle variazioni del prezzo del petrolio, ultimamente instabile. Ma ci sono più livelli di lettura delle intese: il primo è industriale: per l’Eni il Medio Oriente e la penisola arabica diventano un’area di interesse di prim’ordine. C’è poi l’aspetto della politica internazionale. Stringere i legami con gli Emirati significa anche approfondire relazioni con cui fare leva in altri scenari, come la Libia.
Fonte: Corriere della Sera – Stefano Agnoli (pag. 15)
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