A poco più di una settimana dal vertice Opec, che si terrà la venerdì prossimo a Vienna, le quotazioni del petrolio rischiano di accentuare ulteriormente la discesa. Anche l’effetto della crisi tra Russia e Turchia si è rapidamente esaurito e il barile ieri ha concluso la seduta poco variato, con il Brent a 46,17 e il Wti a 43,04 $/barile. Le probabilità che l’Organizzazione degli esportatori di greggio decida di invertire la rotta, decretando un taglio di produzione, resta tuttavia scarse, nonostante le numerose voci critiche che si stanno levando all’interno del gruppo e nonostante qualche analista abbia voluto leggere come un’apertura da parte saudita il comunicato in cui qualche giorno fa il governo di Riyadh ribadiva la disponibilità a intervenire insieme a produttori non Opec. La posizione in fin dei conti rimane la stessa: taglieremo solo se lo faranno anche altri big, a cominciare dalla Russia, che tuttavia - come ha detto Igor Sechin, ceo di Rosneft - non ha neppure ancora deciso se partecipare a questo vertice come osservatore. Proprio dall’Arabia Saudita arrivano intanto indicazioni che il Paese si sta preparando a una discesa ancora più lunga e dolorosa del prezzo del barile. L’Arabia Saudita per la prima volta dal 2007 ha fatto ricorso all’emissione di titoli di Stato bond per fronteggiare l’emorragia di riserve valutarie, ridottesi da 746 a 647 miliardi di $ tra agosto 2014 e settembre 2015. Adesso ha allo studio un nuovo bond, aperto anche a investitori internazionali. Il Paese non è certo in crisi come altri membri dell’Opec. Ma sta soffrendo due volte per l’andamento dei mercati: non solo sopporta il crollo del greggio, ma anche il superdollaro.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Finanza & Mercati – Sissi Bellomo (pag.43)
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